‘A gelusia d’a vocca

Comme se fa’ a tene’ st’anima triste e stracciata

quanne invece essa vulesse sta’ ccu tte accocolata.

Comme se fa’ dinto a na sera silenziosa

a senti’ o’ sapore d”a vocca toia addirosa?

Chissà qua’ pelle mo’

stanne pizzicanne chelli labbra,

na pelle nova de gusto friccicosa,

pecché io o’ saccio: tu tiene ‘a vocca golosa.

23 risposte a "‘A gelusia d’a vocca"

  1. mi hai fatto pensare, anche se non è nel testo, alla “gelusia” intesa nell’altra versione in lingua napoletana

    ma non riesco a ricordare se erano delle scatole che contenevano monili preziosi o cosa

    sarebbe interessante come deriva di senso

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  2. La scrittura in dialetto è sempre difficile. Se non ricalca il parlato diventa di maniera e quindi distante. O, come nel caso del Pasolini friulano, la si distanzia così tanto da renderla aliena, e quindi, per definizione, letteraria. Nel tuo caso, credo che tu sia rimasto sul parlato

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  3. Scusa, ho inviato senza terminare. Ti dicevo, credo che tu sia rimasto sul parlato e a me piace molto perché certe espressioni sembrano vivere in bocca a pronuciarle: “tu tiene ‘a vocca golosa” è meravigliosa.

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  4. “pecché io o’ saccio: tu tiene ‘a vocca golosa.” Straordinario verso.
    E giunge a me immediata ‘a gelusia che fa sentire che “na pelle nova de gusto friccicosa” sta gustando “o’ sapore d”a vocca toia addirosa”
    Arriva la gelosia con le sue “visioni” non chiare mentre si ha il desiderio irrealizzato e forte di stare “accoccolati” con chi si vuole.
    E’ questa immediatezza che mi colpisce molto.
    Tutto ha la sua vita già nelle labbra che dicono questi tuoi versi. 🙂

    Gelsè

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