Le stanze della memoria.

Ho fatto un sogno…

Potrei nomarlo “Le stanze della memoria”.

Corridoi del tempo, di scoria in scoria

a designare passi d’ogni cara storia.

E tu ricorrente, in impavido sorriso,

dietro un angolo a distanza,

spettatrice d’ogni nuova stanza…

Ed io in sobbalzo intenerito

da tanta figura compagna

si’ da indicarti, timido, a dito…

Fu poi carosello di viaggio la mia uscita

in vertigine sovrapposta, sintesi di vita.

40 risposte a "Le stanze della memoria."

  1. Mi hai fatto venire in mente un libro di Frances A. Yates, L’arte della memoria*. E in cui lei si rifà all’arte del teatro e quindi della memoria in quanto ubicazione dei luoghi in cui si è vissuti e perciò tragitto per ricordare e collocare ciò che è deposto …nelle stanze della memoria. Fatto questo lavoro, l’attore sul palco o l’uomo della strada o uomo comune(o anche donna comune?) può muoversi sia come fantasma del passato che uomo presente nel mondo reale.

    *Frances A. Yates ci guida in un vastissimo panorama, ricco di sorprese e di scoperte: dai sistemi di immagini degli oratori antichi ai fantasiosi castelli di Raimondo Lullo, dallo straordinario Teatro di Memorie costruito nella Venezia rinascimentale fino alle allusive peregrinazioni londinesi di Giordano Bruno e al teatro di Shakespeare.

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  2. Una volta, al mattino, riportavo su carta i sogni della notte, o quel poco che mi ricordavo. Immagini sbiadite e storie senza capo né coda, volti, parole senza senso logico e forse anche pronunciate in una pseudo lingua italiana. Riportare tutto questo non è facile, “ricostruire” le emozioni provate nel sogno. Sì, perché si provano emozioni anche nei sogni e spesso molto intense. L’amore per esempio o la gelosia, le ho provate in tutta la loro potenza,. E al mattino hanno continuato a flagellarmi l’anima come se il sogno proseguisse nella veglia. Scrivere mi ha aiutato a ricordare una sorta di racconto del sogno, ma allo stesso tempo non ho potuto “trasferire” le emozioni nella scrittura. Ne è risultato un grosso volume di oltre cinquecento pagine, un vuoto elenco di episodi che vorrebbero raccontare i sogni. Avrei dovuto farne una poesia, del sogno, intendo. Ci ho provato ma ne ho scritte poche. Solo con la poesia avrei potuto ritrovare il pathos del mondo onirico. La tua lirica mi ha fatto “vedere” il tuo sogno, ho sentito come un soffio, un brivido che mi ha mostrato una storia onirica, con tutti i particolari; questi corridoi del tempo che si affastellano e si dilatano oppure si comprimono, e queste zone d’ombra non digerite che scansionano gli eventi (anche se forse non sono eventi ma momenti sempre esistiti, una sorta di epifania perenne). E questo amore sempre presente, una presenza solida, intensa, una forma più nitida delle sfocate immagini del ricordo oppure del mondo reale, come quando si osserva una persona senza guardarla davvero. Ho provato stupore nel leggere (vedere) la presenza di una donna, la mia amata che mi osserva mentre il mio cuore batte forte e l’emozione raggiunge vette elevate. Questo è amore.

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