Nella coda di ghiaccio.

Voglio scrivere del mio panico di noia

del senso buio dove non fibrilla gioia.

Voglio scrivere versi di tormento

oscuri presagi di una notte di vento…

Voglio scrivere…

ma avverto solo un fruscio sordo

d’assenza cupa in un angolo di mondo.

Vorrei scrivere d’altre luci sonore

di respiri e voci d’allegrezza e bagliore,

ma so che oltre la bolla del mio finito

riparte l’alfabeto dell’amore infinito.

Nella coda di ghiaccio di una cometa vagante

si nasconde il viaggio del mio cuore amante.

Tu che leggi

prova di questa luce strana stupore

vi si annida il segno del mio sfinito amore.

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Il potere evocativo del suono nella poesia di E.Massarese

Splendida recensione di Giuseppa Sicura che ringrazio. La giro, con piacere ai miei followers… 🙂

DENTRO LA PAROLA

– Una poesia di Ettore Massarese – Foto dal Web

Hai mai ascoltato il suono …

Hai mai ascoltato il suono
d’un soffio d’argento cristallino?
Lo fa il vento nel notturno flautato,
quasi un lamento in un sonno agitato.
Hai mai ascoltato il suono
di un timpano feroce?
Quasi un cuore esaltato
in un tormento atroce.
Hai mai ascoltato il suono
del mare alla battigia?
Spazzole in carezza sui piatti della luna
E il vento tra le sabbie di una duna?
Umani lamenti per coro e orchestra
che si disperdono, di notte,
tra il silenzio sonoro delle stelle.

                                        Ettore  Massarese
                                   Dal blog  https://infinitis8.wordpress.com/category/riflessi/page/5/

Quattro domande a raffica, alternate da altrettante risposte, delineano la struttura di questa poesia di E.Massarese. Un continuo andare e tornare che dal mondo fisico fa rimbalzare la mente del lettore verso il mondo interiore della psiche umana. Il poeta ci porge della natura una visione…

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L’oblio.

Un giorno assaggerò

l’estremo calice dell’addio al vissuto.

Dolce/amaro nettare

di un vitigno assai spremuto…

Ebbro assaporerò la dimenticanza

forse memore dell’inizio della danza,

galleggiando lieve in una stanza,

vedrò il film di una vita che fu speranza.

Oltre non so…e non voglio saperlo…

che la gioia d’assaporare l’oblio

e berlo…è tutt’uno…

con l’espansione nel nulla dell’Io.

La “carne stanca” nei versi di ETTORE MASSARESE

Ripubblico questo post recensione di Giuseppa Sicura… ne sono davvero commosso.

DENTRO LA PAROLA

Una poesia di Ettore Massarese che ci riconcilia con la vita e dà tregua anche alle sofferenze più laceranti. –

Un giaciglio

Oh c’è mai un giaciglio
adatto a questa carne stanca?
Lei amerebbe una spiaggia alla battigia.
O le foglie umide di rugiada e terra buona.
Un riposare nel vento di salsedine
o nell’umbratile sapore dei funghi.
O posare lungo un viaggio
al limitare dei binari sotto un salice piangente
sai? In quelle stazioncine abbandonate
che ti si stringe il cuore
a guardare la fuga verso un dove.
Ed infine, perché no?
lasciarsi galleggiare lì dove cade il Sole
immerso nel raggio verde del tramonto
e tu sarai con chi vuoi
in quell’angolo sperduto di mondo.
                                     Ettore Massarese

Galeotti, i primi due versi mi invitano ad una sosta attenta! Due lemmi di senso opposto hanno subito catturato la mia attenzione: “giaciglio” e “stanca”. Il primo, al…

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Un intervista…

Per archivi di memoria pubblico un intervista di Giuliana Gargiulo a me in occasione della chiusura di Estate a Napoli con il mio testo “Li farfalle de ghiaccio”

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Vivere per morire.

Vivere per morire

l’essere nel tempo ha una scadenza.

E questa misura è già in chi nasce…

Oh, bolla soffiata nel gonfiore del ventre,

il tuo a venire è già nel niente…

Eppure, volatile, questa mente

concepisce brividi e sconfinamenti

e vede abissi oltre l’orizzonte degli eventi.

Oh, bellezza e dannazione di fragile sostanza,

ti rifugi d’ogni divina memoria in una stanza.

Che sia oblio o perdita, poi, che importa?

Non conosceremo mai i passi oltre la porta.

Personaggi (del mio teatro)

Sono solo fantasmi

abbarbicati in piccola esistenza

gli smarriti ch’io racconto.

Ed è per questo che li colloco ai bordi,

immersi in realtà mimetica

sarebbero del tutto persi.

Ed io lascio che vivano

nella pallida regione dei sogni

come fanciulli perduti in disperati bisogni.

Ersilia, Lady Fraganzia, Celestina

e via via i monelli del Tutto inganna

se vedono la morte

sono lì pronti a giocarvi…

Sanno, loro, d’essere d’un apologo

grumi di carne d’anima provvisoria

e vivono

nell’istante ludico senza memoria.

Anime convergenti.

Mi fa orrore questo assedio al mio pensiero

di troppi gemiti di vite crude m’offende…

oppressivo ogni affetto menzognero…

Chi m’ama viaggi con me oltre ogni senso

sfidando l’ovvio e la mania del consenso.

Nacqui sognando la purezza d’anime convergenti

nel brulichio fecondo dello sfiorar di menti…

ed i corpi, anche, inevitabile attrazione avranno,

in amore docile, immenso e senza danno.

Viaggio nelle viscere 1986 (per un teatro del sottosuolo)

Un tempo ho cercato lo spirito della terra,

con le unghie ho raspato suoli e caverne

percependo…

gemiti e risa di mille anime in guerra.

E le ho incontrate…

porgendo loro, umile, un racconto,

disegni di luce, fantasmagorie d’un mondo.

Ho chiesto a pietre e rocce

e a disperati sanguigni graffiti

di dirmi vite, voci non più udite…

Per ipogei ho sceso scale perdute

tra labirinti strenui e bombe cadute.

E fu magia di un tempo sospeso,

un qui ed ora d’ogni essere distante

chiamato a vivere in altro corpo attante.

Ti regalo…

Ti regalo il mio cuore d’ametista trasparente

perché si faccia al tuo collo pietra d’amore rovente.

Te lo regalo smerigliato di fiamma vermiglia

perché brucia di passione e assai mi somiglia.

Te lo porgo nel sogno di una notte silente

a che ti sia calore/colore e nel sonno suadente.

Te lo regalo ora e nella primavera del tempo a venire

tienlo caro quale ninnolo dolce del tuo dormire.