Ed io che volevo cantar gentile,
usignolo tardo in pelle senile,
digrigno rabbia e sprezzo solenne
e di bellezza mi si strappano le penne.
E a migrare in volo per altri cieli
me lo irretisce lo stolido ragliare
d’asini imbelli dal paese dei balocchi
usciti infiocchettati e foderati gli occhi.
Usciti si dalla giostra del ludico consenso
tra un happy hour e un riso senza senso,
nel girone della Geenna inattesa,
ignavi gridano…
pavidi, che d’un complotto è l’impresa.
Ed io vi maledico, sotto questo chiarore lunare,
voi fantasmi del nulla,
testimoni smunti di questo lupanare.