Potrei…

Potrei cominciare dal dolore,

da quest’anima imbelle

che ha conosciuto l’amore.

Potrei slittare parole

su questi anni senza senso

vissuti in prigione col mio consenso.

Potrei infiorire questa noia infinita

quella che scandisce le ore d’una vita sfinita.

Potrei denudarmi ed urlare al promontorio

quale lupo affamato triste e solitario…

Potrei…potrei…potrei…

ma lascio andare le dita

nella musica del silenzio,

non è urlo, non è brivido d’assenzio.

Misuro il tempo nella scansione del verso

particella impazzita d’un pallido universo.

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Ogni verso uno sguardo.

Lascia che scivolino via le inutili parole

fanne gocce di rugiada che si sciolgono al sole.

Serba, se puoi, il battito che le compone

quel non detto che è solo flusso di calore.

Sono parole spurie, orfane d’amore,

pallide rifrazioni d’un sogno che non muore.

Vorrei le vedessi tu nascere nel vagito di pensiero

figlie d’un bisogno d’amore disperato e fiero.

Oh, potessi io convertirle nel silenzio degli occhi,

ogni verso uno sguardo che si muti in dolci tocchi.

il miserere della parola corriva.

Come un ladro mi muovo furtivo

nel notturno silenzio io scrivo.

Gocce lente di parole spente…

Oh non vedermi in questo stato

poetare balordo nel riso mozzato,

sorpreso smunto e di morte ingordo.

Scivola, plana la parola stretta

sbilenca, celibe, pallida interdetta.

Oh se tu ora mi leggessi furtiva

non sobbalzare

al miserere della parola corriva

sappi che il battito resiste a ché io scriva.

Dannate parole.

Ogni parola che scrivo designa il confine

d’uno spazio che non ha inizio, non ha fine.

Mi muovo nel cerchio d’una cecità dolente

dove danzano visioni sulla soglia del niente.

Ed io percorro e descrivo questa noia indecente

languida, ovvia narrazione del niente…

In questa bolla di cosmo senza tempo

Io, intransitivo, urlo alla parola di sfondare,

cesellare, invadere plasmare, oltre me,

una disperata invenzione d’un qualche reale.

Ma smemorai il canto dello sciamano…

Non so dettare alle lingue di fuoco

i frementi spiriti tra le stelle e la radura.

Oh, le mille vite le sento e non ne ho paura

ma le dannate parole

del magico hanno perso la natura..

Senza freni…

Vorrei scrivere in profluvio

un’onda d’urto in brutale effluvio.

Scrivere, ad esempio,

di vita brucia ed arde l’istante

fiamma eterna di un cuore amante.

Scrivere, ad esempio,

mi immergo nell’infinitesimo punto

e dire: fuori dallo scorrere son giunto.

Scrivere che amo il canto di cicala

che d’amore d’estasi s’ammala…

Scrivere il volo della farfalla bianca

che in un solo giorno vive mai stanca.

Scrivere che il desiderio fa male

e che privi si morde la vita senza sale.

Scrivere la solitudine del disamore

a ché tu che leggi sia colpita al cuore.

Vinceremo.

Oh ci confina in noi

questa guerra all’invisibile.

Difendiamo vite già spese

con l’orgoglio

del vissuto di mille imprese.

Si, vinceremo imparando

l’astuzia della vita rantolando

nella pastura

d’un brutto scherzo della natura.

Si, vinceremo

affidando alla parola senza abbraccio

l’essenza vera di un cosmico allaccio

Si, vinceremo

piangendo ogni vita  perduta,

di gente nostra o sconosciuta.

Vinceremo

la solitudine che in noi dimora

pensando all’altro di ora in ora.

Un tatto figurato.

S’io non posso toccarti

posso si’ forte pensarti

da avvolgere d’aura tattile

il tuo corpo amato.

Posso produrre in parole

un vortice profumato di viole,

petalo per petalo in sequenza

ti sfioro lieve di mia essenza.

Posso, sai, farlo…

Conosco il segreto di un tatto figurato

affidato al corpo in versi

tessuto in rima d’amore solcato.

Onda estesa d’assonanza.

Inanella canto mio suoni,

accarezza languidi abbandoni,

fa di parola lasciva sostanza,

regala il ritmo d’una lenta danza.

A te è a te, si a te affido

quel che non è urlo, ma sommesso grido,

onda estesa d’assonanza

d’anima in piena risonanza.

Oh, di solitudine dannata sconvenienza,

come acqua che esonda senza temenza,

acqua pura

di lacrime che gocciolano senza paura.

Fuori tempo.

Io lo so.

La mia è una voce che vibra fuori tempo.

Sarà quel provenire dal profondo,

zona d’abisso d’altro infinito mondo.

Troppi vissuti suonano in lontananza

e s’affollano nel cuore senza speranza.

Nicchie di vita sussurrano la via tradita

ed io cedo in melodia alla vigliacca nostalgia.

Canto, allora, la via dispari del disperso

gli anfratti aritmici del tempo perso.