E tu ci provi sorella ad accostarti ancora,
ma di te rido beffardo e t’affronto ora per ora.
E poi che vuoi più sottrarmi?
E’ da un bel tempo che t’ho fottuto
con la ricchezza pregna del mio vissuto.
Sai cosa attendo con sfida gioiosa?
Che sia vera quell’antica cosa
che nell’istante trasfigurato del trapasso
si manifesta di tua vita ogni passo.
Eccolo il sorriso dell’infanzia monella
ed i mille giochi
a rimpiattino con questa e con quella.
E i sogni di natali prodigiosi
di colori e luci sempre vividi e briosi.
E gli studi d’avventura premurosi
viaggi tra mondi e atlanti polverosi.
Ecco avvenire il sogno d’utopia condivisa
nel capovolto gioco di giovanezza intrisa.
E via via gli sbagli nelle carezze ora in disuso
ne nacquero figli,
altri ne caddero per troppo abuso…
Oh, signora sorella!
Rivedrò le visioni dove ti chiamai compagna d’arte
sino a farti attraversare d’altre anime la sorte.
Ah, quanto è duro e balordo chiamarti morte.
E…
se regalo m’è offerto quale pegno d’uscita,
vorrò rivivere ogni frammento
di quell’amore c’ora e sempre io rammento.