Dalla finestra di casa follia

Ti ho visto volare via,

con la faccia contro il vetro,

li dalla finestra di casa follia.

Negli assatanati strapazzi

ho urlato il tuo nome,

ma era un fotogramma

didascalia di un muto…

Come un pesce chiuso,

nell’acquario specie estinta,

ho visto volare via la mia vita tinta.

Tu libera voli, lontano dalle strida,

ti salvi, viva, mentre muoio tra le grida.

47 risposte a "Dalla finestra di casa follia"

    1. Con la parola si svuota la carcassa del dolore…non giungono più suoni al di qua dei vetri delle finestre di Casa Follia…ed allora ciò che risuona sia almeno un canto distaccato che contempli con serena pietas chi urla dal silenzio

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      1. son già morta. ricordalo. al di là di ogni carcassa. non ho più nulla da svuotare. il dolore è personale.anche nella condivisione. ho i miei abissi. voglio tacerli. rispetto i tuoi. cancella pure.

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      2. tutti abbiamo i nostri abissi Erò…e vanno rispettati sia che si cantino con voce muta dietro i vetri di Casa Follia sia che si tacciano…rivendico il mio diritto a una poesia senza confini…spudorata e sputtanata se occorre…se un canto vien su tragico non v’è costume o garbo che possa censurarlo…

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      1. “il dolore va cantato con schiettezza e va trattato con cura di stile…altrimenti è solo schiuma di rabbia volgare…”
        E questo tua poesia è esempio di dolore cantato con schiettezza e con uno stile accurato, Franz. sì.
        gb

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      1. Buongiorno. Piacere di incontrarti Erospea! 🙂Prima è doveroso affondare, si deve affondare, si tocca il fondo (ho scritto una poesia su questo e Marzia ne ha fatto una clip stupenda), poi si risale. Avevo intuito che lei si fosse salvata, mentre tu scrivi che non si salva nessuno…

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      2. credo sia che la poesia offra al lettore sempre più possibilità
        quindi ci siamo con visioni diverse, noi, anche indipendenti dalla volontà dell’autore.
        E’ ricchezza anche questa? mi sa di si 🙂
        buon sabato, Titti

        appena ho un buon tempo guardo i tuoi scritti

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      1. scusami Gelso…ma mi risulta un po’ arcano questo tuo commento…che motivo hai tu di ringraziare Giggi della sua riflessione? tu non sei un personaggio di questa tragedia che io sappia…

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      2. Ringrazio Giggi per avermi fatto riflettere con il suo commento.
        Ho apprezzato questo commento di Giggi e l’ho ringraziato.
        Ecco, Franz.
        Tutto molto semplice.
        🙂
        gelsè

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      1. scusa la risponda lapidaria stavo lasciando il blog…devo venire con più calma a leggere le tue cose…mi ha colpito molto il tuo commento…sei cara.

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  1. Eutanasia di un amore (scusami se cito un romanzo), le grida, essere lasciati. Il dolore qui si sente sulla pelle. In pochi versi hai scritto un romanzo o meglio hai rappresentato una tragedia, un pezzo da grande drammaturgo. Mi sono sentito trascinare dentro la scena e ho condiviso il dolore. La sofferenza che cresce e l’urlo che grida forte nella mente ma che non esce come suono (la gola dura e secca lo impedisce) bensì come didascalia. Un muto urlo. L’ossimoro ingigantisce la poesia e me la sento addosso. Non riesco a contenere il dolore. Questa è bellezza.

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