Lieto sarà l’oblio

Salire lento lungo una scala a spirale

passo dopo passo con piede lieve

ed aprire con mano ferma

l’ultima porta in cima

ed entrare…

e l’emozione sarà sulla soglia

nello svanire…

sia buio o luce quel che viene

lieto sarà l’oblio.

Recensione per ANIME

Il mio amico Manlio Talamo , mentore della mia giovinezza e di quella di un gruppo di noi che si affacciava al sogno di una società migliore sul finire degli anni ’60, un sindacalista puro, scrittore e saggista, uomo di profonda cultura, ha voluto scrivermi una recensione su “Anime anfibie. Teatro in versi e per versi” il libro che è da poco uscito per i tipi della Libreria Dante &Libreria Dante & Descartes. (Chi volesse ordinarlo può scrivere all’editore: raimondodimaio@libero.it )Non resisto alla tentazione di proporla qui e, dunque, eccola:

Un giorno, tanti anni fa, lessi, di Benedetto Croce: “Fino a diciotto anni tutti scrivono poesie; dopo, possono continuare a farlo solo due categorie di persone: i poeti e i cretini”.

Non scrissi più poesie.

Ettore, sì.

Perché?

Perché Ettore è un poeta.

Ho finalmente letto il suo “Anime Anfibie”.

Lo so che Ettore è anche, drammaturgo, attore, professore, lo so da oltre (almeno) cinque lustri, ma io privilegio il poeta perché è la poesia a dar vita alle altre sue arti. La poesia si legge, si recita, si declama; la poesia è la prima e più misteriosa arte.

E l’arte di Ettore si esprime soprattutto e prima di tutto con la poesia.

D’altra parte, è lo stesso Ettore che, nella parte finale del suo libro (“Un’appendice. Il mio teatro”), evoca “quasi un’eco d’altrove” e questa eco, questo altrove ha il suo adatto rifugio nella poesia.

C’è una felice sintesi tra padre e figlio, Ettore e Alberto: il padre nell’immaginare “corpi in onda marina,/ sonanti, danzanti, in vortice,a flusso” e il figlio nel disegno di copertina che, oltre che far riandare la memoria ai corpi danzanti di Chagall, immerge corpi senza volto in sfumature di colore che ben rappresentano allo stesso tempo cieli e profondità dei mari. E sì, davvero anime anfibie, “anime di plancton, sostanza, cibo e luminescenza, del mare viva essenza”.

L’intensa dichiarazione di poetica che apre il libro (“Una premessa”) è un impegno, un vincolo che corre sempre il grosso rischio di essere violato, contraddetto. Chissà che non lo sia stato nel tempo, ma è di tale affascinante presa emozionale che non posso fare a meno di riportarne i versi “Cantame…” qui, versi che mi hanno catturato sin dall’inizio:

“Cantame triatro mio / ‘o strazio bello d’ ‘a poesia. / Damme ‘a luce e ‘na visione / Parola, carne, immaginazione. / ‘a museca d’ ‘o smarrimento / tutto ‘o scuro ca io sento / falle addeventà na’ luce d’avvento. / (…) Dimmelo ca pe’ cesto so’ nato”.

Perché è vero: luce, visione, parola, carne, smarrimento, luce d’avvento

Sì, nato poeta.

Fin dal suo primo passo nella poesia.

“Mi incamminai , da solo, nel deserto”.

E da lì iniziò il suo canto.